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Antitrust ha attivato numero verde per denunciare......
L'iniziativa. L'Antitrust ha attivato un numero verde gratuito a disposizione dei cittadini ingannati Un call center contro le truffe ■ L'Antitrust ha messo a disposizione dei consumatori un n u m e r o v e r d e g r a t u i t o , 800166661, per denunciare casi di pratiche commerciali scorrette e pubblicità ingannevoli. Il call center sarà attivo, per il momento in fase sperimentale,dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 14. Con questa nuova iniziativa,l'autorità garante del mercato lancia l'allarme anche contro le pubblicità di prestiti e fina n z i a m e n t i , s p e s s o ingannevoli sui costi e sui tempi di erogazione. Pericolosi soprattutto perché diretti a chi spesso già si trova in difficoltà e sono tante le famiglie italiane in difficoltà trova molti ostacoli nel ricorrere ad altri canali di finanziamenti più tradizionali ed ufficiali. I settori più a rischio, evidenziati dall'Antitrust a partire da maggio 2005 fino a settembre di quest'anno, sono ancora quello delle comunicazioni (3.318.000 euro di sanzioni per 96 violazioni), delle diete e dei finti prodotti farmaceutici(1.906.500 euro di sanzioni per 84 violazioni), del turismo, industria e servizi (2.183.500 euro di sanzioni per 149 violazioni). Nell'ultimo anno, poi, sono fortemente aumentati i casi che hanno coinvolto il settore del credito e delle finanziarie(47 violazioni in tutto, 28 nel solo 2007, per un totale di 787.400 euro di sanzioni). Fonte: IL NAPOLI ■
INPDAP UN NOME CHE NON VUOL DIRE GARANZIA
Molti dipendenti comunali di diverse città ci segnalano che, pur avendo presentato richiesta di prestito all'INpdap da molti mesi (da Gennaio 2007 in poi), invece dei soliti 60 giorni da aspettare per l'erogazione si trovano rimandati di quindici giorni in quindici giorni fino ad arrivare all'esasperazione. Abbiamo contattato il famoso numero verde per chiedere spiegazioni di tali comportamenti e dopo numerose insistenze abbiamo appreso che mancano fondi (per poi chiudersi in un profondo mutismo alla nostra richiesta di conoscere i tempi precisi o di poter parlare con un dirigente). Per questo motivo invieremo una lettera al Presidente INPDAP per poi agire nelle sedi e nei modi opportuni a tutela di chi pone le aspettative in un ente che dimostra insensibilità (non rendendosi conto delle motivazioni che spingono le persone a rivolgersi a loro). Daniele Minichini -
Intervista del Mattino a Cutolo
Cutolo ripudia la camorra «Una bestia senza cuore» Parla l’ex padrino, appello ai giovani: «Non seguite la mia strada. Mia figlia si chiama Denise come la bimba sparita»
L’INTERVISTA
DALL’INVIATO DANIELA DE CRESCENZO Terni. «Ai giovani vorrei dire: non seguite la mia strada, la strada di Raffaele Cutolo. La camorra è una bestia senza cuore. A me resta solo il sogno di vivere un mese con mia moglie e mia figlia come una famiglia normale, ma per realizzarlo non sono disponibile a fare il pentito, ad accusare gente onesta». Quando l’onorevole dei Verdi Tommaso Pellegrino, segretario della commissione antimafia, entra nella cella per una visita al supercarcere di Terni, il boss di 66 anni è steso sul lettino e sfoglia una rivista, si alza subito e va incontro al parlamentare. E la sua conversazione diventa un fiume in piena. Invecchiato ma in buona salute, è pronto a rispondere, raccontare, spiegare, ricordare. «Ho saputo della nascita di mia figlia dalla tv, lo schermo è ormai la mia unica compagnia. Prima leggevo molti libri ma poi dal punto di vista culturale mi sono lasciato andare: sfoglio solo riviste e qualche quotidiano della mia città. Però continuo a scrivere poesie». E ’o professore, come lo chiamavano i suoi gregari, mostra tre composizioni in versi: una è dedicata alla mamma, una al carcere e un’altra, in dialetto, ai secondini. «Adesso sto pensando di scrivere dei versi per mia figlia». A Terni è arrivato un telegramma con la firma della piccola e un messaggio: «Papà, ti voglio bene». E presto Denise sarà portata in carcere dal padre che potrà tenerla in braccio per dieci minuti al mese: «Il nome di mia figlia non mi piace molto - spiega - Io avrei voluto chiamarla Carolina come mia madre o Jessica. Denise l’ha scelto mia moglie in omaggio alla bambina sparita in Sicila e io, alla fine, ho condiviso la sua scelta perché non ammetto i sequestri, soprattutto quelli dei bambini». E più volte Immacolata Iacone, la donna che lo ha sposato nel carcere dell’Asinara nell’83, ha raccontato di averlo notato proprio mentre nel parlatorio del carcere di Ascoli Piceno si scagliava contro chi «tocca le creature». Tra i tabù del vecchio boss c’è anche lo spaccio di stupefacenti: ha sempre rivendicato estorsioni e contrabbando, ma non ha mai ammesso di aver commerciato in droga. E ora aggiunge: «Per questo litigai anche anche con Riina». La camorra, insiste, oggi è solo business, solo fame di soldi. Del resto Cutolo si è sempre raccontato come un cattolico praticante: in cella tiene un crocifisso. «Me lo ha regalato Padre Pio al quale sono molto devoto - spiega - Fino a diciassette anni volevo farmi prete, poi la mia vita è andata in un altro modo». Un modo molto diverso. A 28 anni, nel 1963, Cutolo, infatti, uccide un suo compaesano e finisce in carcere. Nel ’78 riesce ad evadere dal manicomio giudiziario di Aversa: una carica di tritolo ne fa crollare il muro di cinta. Di quella fuga ora racconta: «Mi allontanai rumorosamente, andai a fare una passeggiata». Nell’anno successivo tra Napoli e provincia si contano 71 omicidi, nell’80 ce ne sono 134, nell’81 ce ne sono 193. Muore anche il direttore del carcere di Poggioreale, Giuseppe Salvia, che il boss aveva pubblicamente minacciato: il padrino viene condannato. Nell’82 i delitti diventano 237, nell’83 toccano quota 238. Sono gli anni neri in cui la Nuova camorra organizzata di Cutolo e la Nuova famiglia (un cartello composto da tutti gli altri clan del Napoletano) si contendono gli appalti della ricostruzione: con la legge 219 dopo il terremoto nelle tre regioni colpite (Campania, Basilicata e Puglia) arrivano 60 mila miliardi. Per gestire una fetta di quel fiume di danaro si combatte senza esclusione di colpi. Terremoto, politica e servizi deviati. Nell’81 viene sequestrato l’assessore democristiano Ciro Cirillo: Cutolo fa da mediatore con le Br che tengono in ostaggio Cirillo e il politico viene liberato. Il padrino rivendica pubblicamente il suo ruolo nella vicenda. Ma questo non serve a risparmiargli il carcere duro e lui, ventisei anni dopo ribadisce: «Ho salvato una vita umana e per questo sono stato punito con il trasferimento all’Asinara». Dal ’95 l’ex boss di Ottaviano è sottoposto al 41 bis; a Terni occupa la cella che è stata anche di Bernardo Provenzano, lontana anche da quelle degli altri detenuti ai quali si applica lo stesso regime carcerario. Tutti i ventisei prigionieri sottoposti al «regime speciale» si trovano in una costruzione circondata da alte mura in un’ala separata del penitenziario. Davanti alla stanza del «professore» c’è un piccolo cortile e lì Cutolo passeggia per ore. «Fumo molto - racconta - prima preferivo i sigari, ora le sigarette». In camera don Raffaè (come canta De Andre) scrive. «Ho ricevuto molte lettere, alcune anche dal mio paese - dice - prima rispondevo a tutte, ora non lo faccio più. In passato mi hanno scritto anche persone note: ho smesso di tenere corrispondenza per non mettere nessuno in difficoltà». Quando non compone poesie Cutolo guarda la Tv. Ma non gli è piaciuto il film di Tornatore ispirato alla sua storia: «Molte cose che si vedono in quella pellicola non sono vere». Del suo passato il boss ribadisce di essere pentito: «Chiedo perdono a Dio e alle famiglie delle vittime», dice. Ma non è pronto a raccontare i suoi delitti allo Stato: «Non è giusto che per stare in compagnia di mia moglie io debba accusare persone oneste». Forse potrebbe dire la verità: «No, della giustizia non ho nessuna fiducia», dice. Ma ai ragazzi ripete: «Non seguite il mio esempio: la camorra è una bestia senza cuore». E poi: «È meglio mangiare pane e cipolla da liberi che bistecca da schiavi». Per se stesso, invece, dice di non sperare più niente. «Da quarantadue anni sono in galera. Non ho mandato un regalo a mia figlia perché della vita fuori non so più niente. Qui non vedo nessuno, non incontro nessuno. Di quelli che sono stati con me non so più niente da anni. Non sarebbe stato meglio se mi avessero punito con la pena di morte?», ripete. Ma presto, molto presto, forse già nelle prossime ore, in carcere potrà stringere tra le braccia Denise, come ha chiesto appena la bimba è nata.
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