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Legge 123 per il riassetto e la riforma della normativa per la tutela della salute e sicurezza sul lavoro
È stato trasformato nella Legge 3 agosto 2007, n. 123, il Disegno di legge delega in materia di salute e sicurezza sul lavoro, presentato dal Ministro del Lavoro, Cesare Damiano, e dal Ministro della Salute, Livia Turco.
La nuova legge rappresenta una proficua concertazione con le parti sociali e con le Regioni. Essa intende assicurare il pieno rispetto delle disposizioni comunitarie, l’equilibrio tra Stato e Regioni e, soprattutto, l’uniformità della tutela sull’intero territorio nazionale.
Gli aspetti maggiormente innovativi sono contenuti nell’art. 1, che delega il Governo ad adottare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, e garantendo l’uniformità della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, con riguardo alle differenze di genere e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati.
Tali decreti sono adottati nel rispetto dei seguenti criteri direttivi generali: a) riordino e coordinamento delle disposizioni vigenti; b) applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro a tutti i settori di attività e a tutte le tipologie di rischio; c) applicazione della normativa in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro a tutti i lavoratori e lavoratrici, autonomi e subordinati, nonché ai soggetti ad essi equiparati; d) semplificazione degli adempimenti meramente formali in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, previsione di forme di unificazione documentale; e) riordino della normativa in materia di macchine, impianti, attrezzature di lavoro, opere provvisionali e dispositivi di protezione individuale; f) riformulazione e razionalizzazione dell'apparato sanzionatorio, amministrativo e penale, per la violazione delle norme vigenti e per le infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi emanati in attuazione della presente legge; g) revisione dei requisiti, delle tutele, delle attribuzioni e delle funzioni dei soggetti del sistema di prevenzione aziendale; h) potenziamento delle funzioni degli organismi paritetici, anche quali strumento di aiuto alle imprese nell'individuazione di soluzioni tecniche e organizzative dirette a garantire e migliorare la tutela della salute e sicurezza sul lavoro; i) realizzazione di un coordinamento su tutto il territorio nazionale delle attività e delle politiche in materia di salute e sicurezza sul lavoro; l) valorizzazione di accordi aziendali, territoriali e nazionali, nonché, su base volontaria, dei codici di condotta ed etici e delle buone prassi che orientino i comportamenti dei datori di lavoro: m) previsione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, fondato sulla specifica esperienza in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, acquisite attraverso percorsi formativi mirati; n) definizione di un assetto istituzionale fondato sull'organizzazione e circolazione delle informazioni, delle linee guida e delle buone pratiche utili a favorire la promozione e la tutela della salute e sicurezza sul lavoro; o) previsione della partecipazione delle parti sociali al sistema informativo, costituito da Ministeri, regioni e province autonome, Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA) e Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL), con il contributo del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL), e del concorso allo sviluppo del medesimo da parte degli organismi paritetici e delle associazioni e degli istituti di settore a carattere scientifico; p) promozione della cultura e delle azioni di prevenzione; q) coordinamento delle strutture centrali e territoriali di vigilanza, al fine di rendere più efficaci gli interventi di pianificazione, programmazione, promozione della salute, per evitare sovrapposizioni, duplicazioni e carenze negli interventi e valorizzando le specifiche competenze; r) esclusione di qualsiasi onere finanziario per il lavoratore e la lavoratrice subordinati e per i soggetti ad essi equiparati, circa l'adozione delle misure relative alla sicurezza e alla salute dei lavoratori e delle lavoratrici; s) revisione della normativa in materia di appalti prevedendo misure dirette, fra l’altro, a migliorare l'efficacia della responsabilità solidale tra appaltante ed appaltatore e il coordinamento degli interventi di prevenzione dei rischi, e a modificare il sistema di assegnazione degli appalti pubblici al massimo ribasso, al fine di garantire che l'assegnazione non determini la diminuzione del livello di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori; t) rivisitazione delle modalità di attuazione della sorveglianza sanitaria; u) rafforzare e garantire le tutele previste dall'articolo 8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277; v) introduzione dello strumento dell' interpello, relativamente a quesiti di ordine generale sull'applicazione della normativa sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, individuando il soggetto titolare competente a fornire tempestivamente la risposta. Fonte: Ministero del Lavoro Dossier sulla salute e sicurezza sul lavoro
LA CORTE DI CASSAZIONE sentenzia : il mobbing non sempre è reato
Mobbing - la Cassazione: «Non sempre è reato» Per capire se il mobbing è reato oppure no, il giudice deve determinare i comportamenti concreti di chi mette in atto il mobbing. Questo sembrano dire due sentenze apparentemente contraddittorie della Corte di Cassazione. Una è la decisione presa mercoledì dai giudici della V sezione penale, chiamata a giudicare su una precedente sentenza di non luogo a procedere pronunciata dal Gup di Santa Maria Capua Vetere in una causa intentata da una insegnante di sostegno nei confronti del proprio preside d'istituto. L'altra è una sentenza del marzo 2006 che condannò 11 persone, fra titolari, dirigenti e quadri dello stabilimento Ilva di Taranto, per la vicenda di mobbing riguardante 62 lavoratori che nel 1998 furono confinati nella ex palazzina Laf del siderurgico. Gli imputati furono condannati per tentata violenza privata e, tre di loro, fra cui il presidente del Consiglio di amministrazione dell'Ilva, Emilio Riva (a 18 mesi), e il direttore dello stabilimento, Luigi Capogrosso (a 20 mesi), anche per frode processuale. La condotta di mobbing contestata al preside dell'istituto, in Campania, non è reato perché non rientra nei casi perseguibili dal codice penale ma è solo un danno per il quale si può chiedere un risarcimento. Nel caso specifico, il pm aveva contestato casi di diffamazione, ingiuria e una pluralità di gesti ostili non specificati. Azioni prive in sé, secondo la Corte, di potenzialità direttamente lesive della integrità della vittima o di riscontri obiettivamente dimostrabili. «La condotta di mobbing - secondo i giudici della V sezione (sentenza numero 33624) - suppone non tanto un singolo atto lesivo, ma una mirata reiterazione di una pluralità di atteggiamenti anche se non singolarmente connotati da rilevanza penale, convergenti sia nell'esprimere l'ostilità nel soggetto attivo verso la vittima sia nell'efficace capacità di mortificare e di isolare il dipendente nell'ambiente di lavoro». Affinché questa condotta abbia effetti penali e quindi non porti solo a una causa civile, la figura di reato più prossima ai connotati caratterizzanti il mobbing - dice la Suprema Corte - è quella descritta dall'articolo 572 del codice penale, vale a dire «maltrattamenti commessi da persona dotata di autorità per l'esercizio di una professione» che devono compiersi in modo continuativo. L'Italia è il fanalino di coda in Europa nella lotta al mobbing. «È l'unico Paese europeo che non ha una legge sul mobbing e che dunque non lo prevede come reato», denuncia Fabio Massimo Gallo, presidente della prima sezione lavoro del tribunale di Roma, ed esperto della materia, a cui ha dedicato relazioni e saggi. «Eppure, c'è una delibera del Consiglio d'Europa del 2000 che vincola tutti i Paesi a dotarsi di una normativa antimobbing».
È possibile che il governo vari una legge specifica sul mobbing, anche se il tema non è stato ancora affrontato, afferma il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, alla Festa dell'Udeur, che ha commentato così l'ultima sentenza della Cassazione. «Noi naturalmente - ha aggiunto Damiano - siamo rispettosi delle sentenze ed esamineremo con attenzione il dispositivo». Anche se il problema di una legge del governo sul mobbing «non è stato ancora affrontato - ha concluso il ministro - io non escludo niente. È possibile che la faremo». |
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Lettera al ministro dell'Interno su Forze di Polizia e.... Compiti e competenze
| Al sig. Ministro dell’Interno Ai Comitati Provinciali per l’ordine e la sicurezza Agli organi di Stampa Prot.150 Napoli 28/8/2007 LE FORZE DI POLIZIA: COMPITI E COMPETENZE Da qualche tempo osserviamo un “ripiegamento” delle maggiori Forze di Polizia nei propri compiti Istituzionali (causato sicuramente dalle difficoltà economiche e di risorse umane …), a discapito (o a favore) delle Polizie Locali, senza che parallelamente sia attuato un riassetto legislativo, economico e di competenze. Si è iniziato, infatti, con il lento e progressivo passaggio delle competenze di Polizia Stradale (ormai le cosiddette Polizie maggiori non hanno più la capacità di rilevare un sinistro stradale…) ai “vigili” delle varie città, ivi compreso la problematica delle auto rubate. Poi ci si sono messe le ASL, tenendo ingessate le proprie Polizie Sanitarie nei controlli di competenza, automaticamente lasciando grossi vuoti da far colmare ai “vigili”. Le Polizie Provinciali, non appena nate, si sono beccate le competenze infortunistiche delle zone provinciali, i reati ambientali etc..liberando le altre Polizie in altro affaccendate………… Oggi si sta consolidando la prassi che in piccoli comuni della Provincia, in occasione di eventi sportivi, di spettacolo, o a carattere sociale, le maggiori Forze di Polizia si dichiarino sprovviste di personale, lasciando alla Polizia Locale anche l’incombenza dell’Ordine Pubblico, per di più sprovvisti delle dotazioni individuali di sicurezza (forse si aspetta il morto allo stadio?). Si può convenire che le principali Polizie siano impegnate in grosse attività investigative ma è anche noto che, tali incombenze, non investono né le pattuglie (sempre più spesso supportate dalla P.L. nel contrasto alla microcriminalità) né i reparti della Mobile. Dobbiamo poi ricordare che l’attuale normativa (L.65/86, TULPS, C.d.S., Codice Penale e L. 121/81) , sicuramente non prevede ciò e l’operatore di qualunque Polizia che non rileva un sinistro è sicuramente omissivo, così come l’uso di operatori di Polizia Locale (Ausiliari di P.S.) in Ordine Pubblico è improprio. Da qualche tempo siamo nell’attesa “ di chiarimenti legislativi “, ma nelle more di ciò l’Esecutivo (attraverso le Prefetture e i Comitati per l’Ordine e la Sicurezza) e le autonomie locali devono fare chiarezza, pena una “Babele d’insicurezza” Il Segretario Generale Li.Po.L. Daniele Minichini |
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