28/1/2006 SORRENTINO LEGGE BOCCA (E SONO GUAI) Stampa
Il cinico non è adatto a questo mestiere, recita il titolo di un bel libro – intervista di Ryszard Kapuscinski con Maria Nadotti. E il mestiere del titolo è ovviamente il giornalismo. Leggendo l’ultimo libro di Giorgio Bocca su Napoli, Napoli siamo noi (pagg. 134, 14 euro, Feltrinelli) si è spinti a integrare il titolo di Kapuscinski con una chiosa non del tutto superflua: Il cinico (e il distratto) non sono adatti a questo mestiere.
Era da tempo che in un così smilzo volumetto (talmente smilzo che l’editore s’è visto costretto a rimpolparlo con decine e decine di pagine bianche: su 134 fogli, quelli effettivamente stampati sono poco meno di 108) non si riscontrava una così imbarazzante serie di errori, incongruenze, refusi, inesattezze. Qui di seguito se ne prova a dare un’idea. Con un’avvertenza di non esaustività del rapporto: la pioggia era così fitta che qualche goccia può essere scivolata via, non vista. E la si affida agli occhi attenti dei lettori.
Pag. 5 : “Lungo la tangenziale avvengono anche molti scippi classici; due in motoretta raggiungono la donna con la borsetta a tracolla e gliela tirano via con una frustata”. È un’immagine potente, rabbiosa. Peccato solo che lungo la tangenziale di Napoli, come lungo le tangenziali del resto d’Italia, la circolazione ai pedoni e alle motorette sia vietata dal codice della strada, e che lo scippo descritto sia perciò impossibile.
Pag. 27: “Bassolino, che è di Avellino (…)” Antonio Bassolino è originario di Afragola.
Pag. 31 (e per tutto il libro) : “Rosa Russo Jervolino è di madre altoatesina (…)” Sarebbe bastato una rapida verifica sul sito ufficiale del Comune di Napoli per scoprire che il cognome del sindaco si scrive Iervolino, con la i.
Pag. 32: “La famiglia di Annalisa Durante, la ragazza trucidata per uno sguardo (…)”. Uno sguardo? Qui Bocca evidentemente si confonde con altri tristi casi di cronaca nera napoletana. Annalisa Durante è stata uccisa da un gruppo di fuoco della camorra a Forcella, vittima innocente di uno scontro tra clan che si contendevano il controllo del territorio.
Pag. 38: “L’intera famiglia Fabbricini in guerra (…)”. Anche qui una leggerezza ortografica. Il clan si chiama Fabbrocino.
Pag. 42: “I Mazzarella di Sarno”. Sarno? Il clan Mazzarella è di san Giovanni a Teduccio.
che non portano la divisa vengono scambiati per scissionisti e trucidati”. Qui, al di là della incerta sintassi e della traballante concordanza, Bocca sfiora il surreale. Quattro carabinieri morti, anzi, no, di più, addirittura trucidati? Dove? Come? Quando? Possibile che di un così grave fatto di sangue non ce ne ricordiamo? Siamo così anestetizzati alla violenza che abbiamo rimosso dalla memoria, come un file superfluo, il tributo di sangue pagato da 4 giovani carabinieri, massacrati solo per essersi trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato? No, niente di tutto questo. La realtà, i fatti, sono per fortuna, almeno questa volta, meno gravi. Il riferimento è allo scorso ottobre, quando – di ritorno a casa dopo una serata in pizzeria – quattro marescialli dell’Arma, in borghese, vennero scambiati per scissionisti, affiancati da una vedetta della camorra e colpiti con una mitraglietta. Per fortuna se la cavarono con poco, ferite superficiali medicate al pronto soccorso per tre di loro (uno degli agenti rimase illeso) e tanta paura Pochi giorni dopo lo specchiettista a guardia della strada, forse spinto dallo stesso clan messo sotto pressione dai carabinieri, si costituì in caserma e ammise l’errore. Insomma: una brutta storia finita tutto sommato bene. Non per Giorgio Bocca. Per lui a Napoli si muore anche quando si resta vivi.
Pag. 52: “Il cardinale di Napoli Giordano (…) è nato il 26 ottobre 1930”. Errore: Michele Giordano è nato il 26 settembre 1930 (anche qui, un rapido giro in Rete non avrebbe fatto male).
Pag. 81: “Scampia, il quartiere alto di Napoli (…)”. A Napoli il “quartiere alto” è il Vomero, altro che Scampia.
Pag. 92: “A Napoli lo psichiatra Ceravolo ha inventato una maglietta con su stampata una finta cintura di sicurezza e assicura di averne vendute molte”. Vecchia e stracotta bufala mediatica, che evidentemente solo questo maestro del giornalismo ancora non conosce. In realtà lo psichiatra Ceravolo, qualche anno fa, non fece altro che inventarsi una finta notizia (secondo cui, appunto, a Napoli vanno via come il pane t-shirt con una cintura di sicurezza stampata sopra) dandola in pasto ai media, e dimostrando così come il sistema dell’informazione spesso si beva tutto o quasi, con superficialità e approssimazione. Sarà contento Ceravolo di avere avuto una così autorevole conferma alle sue teorie.
Pag. 98: “Ma la Jervolino, che non nasconde neppure la sua voce roca (…)” Roca? Roca è la voce di Paolo Conte, di Sandro Ciotti, di Ferruccio Amendola. Roca è una voce cupa, sommessa, bassa. Quella del sindaco sarà al massimo stridula, o alta.
Pag. 99: “De Felice ha anche il fisico da Rambo”. Antonio De Felice è lo zelante ispettore della polizia municipale che si occupa di auto clonate. Ma il soprannome, nella migliore tradizione dei contronomi, è evidentemente ironico (a chi abbia visto almeno una volta De Felice, e non pare il caso di Bocca). De Felice è basso e magro, ha la faccia secca e lunga e la testa liscia alla sommità, coi capelli bianchi e lunghi solo ai lati. Tutto meno che un fisico da Rambo insomma.
Pag. 123: “L’amministrazione comunale di Tufini (…)”. Tufini ovviamente sta per Tufino.
La ricognizione si conclude qui, con una ennesima citazione dal libro. Ma questa volta è, temiamo, una citazione pienamente condivisibile, e uno straordinario, e involontario, autocommento al volume: “Siamo tornati a discutere come all’inizio del Novecento le teorie antropologiche sulla criminalità, se essa sia nativa o razzista, per cui agli occhi di un leghista, ma anche di benpensanti, un napoletano, un calabrese, un siciliano, sarebbero più vicini alle scimmie che agli uomini”.
Pubblicazione del: 05-01-2007
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