Così la polizia "spia" il p2p   Stampa questo documento dal titolo: . Stampa


 
 
Il provvedimento del garante sullo spionaggio privato delle reti di file sharing ha rilanciato i temi che riguardano il download e le leggi che lo governano. Cosa succede, e soprattutto come succede, d'essere condannati per avere diffuso materiale in Rete?
L'"immissione in rete – fatta per qualsiasi scopo - di opere dell'ingegno tutelate dal diritto di autore" è reato e la polizia può/deve agire d'ufficio. (art. 171, comma 1, lettera a bis BOX). Naturalmente, il primo passo è venire a conoscenza di qualcosa non va: ad esempio, un agente si infiltra in una rete di p2p e – ammesso che non abbia altro da fare – annota che può scaricare un bel file da un certo indirizzo IP. Ancora non sa di chi è: si apre un procedimento contro ignoti. Il "CSI nostrano" può però interrogare il RIPE, che lo condurrà a bussare alla porta del nostro Provider. E non si confonda qui la sua richiesta con quella fatta da privati nei vari casi Peppermint: qui si tratta di accertamento di reato, l'indirizzo non può essergli rifiutato. Ora, l'agente ha un film scaricato, l'IP di origine e la corrispondenza con un indirizzo. Ma non basta ancora. Non basta nemmeno trovare il film in questione sul pc: bisogna provare l'"immissione". Quindi, o si viene sottoposti a intercettazione, oppure si cercano riscontri, dando la caccia al nick, conservando secondo ogni rigore quanto scaricato (dovrà essere confrontato con gli "originali" del nostro disco). Peraltro, si tratta di modalità di indagine non previste dal codice, rifiutabili dal giudice. Ma con queste, l'agente può andare dal pm, per ottenere un decreto di perquisizione domiciliare. Il che è essenziale: non sempre, infatti, l'abbonato è il diretto responsabile. Ecco la fase nota a tutti: la polizia entra in casa, e sequestra (un tempo, tutto, mouse compreso, oggi, con un po' di fortuna, solo le memorie, se non una copia immagine, e via). Quanto sequestrato non può essere sottratto per troppo tempo: il necessario per farne una copia fisica, sempre effettuata in presenza del difensore (previo regolare avviso). Il materiale recuperato e copiato dovrà essere sempre conservato con la massima cura, altrimenti l'attendibilità della prova è minata (vedi hard disk ammassati in uffici aperti a tutti...). A questo punto, se tutto combacia, si può giungere ad un rinvio a giudizio. Le sanzioni vanno da 51 a 2065 euro di multa (più fedina penale sporca). Certo, c'è sempre l'oblazione: si paga 1032 euro (più spese del procedimento: occhio, possono essere alte!) e si salva la fedina... ..ma ci si deve anche accollare le spese del procedimento, che possono essere dolorosamente alte.
Ciò detto, è vero che i casi son pochi: le indagini sono costose, richiedono personale specializzato, e spesso le forze dell'ordine sono inseriti nei flussi p2p per altre e purtroppo ben più serie questioni. Meglio sapere, però, che un reato rimane un reato, e non si può invocare l'impunità per buona fede: se qualche major "pretende" qualche azione "esemplare" (...), be', forse 1.032 euro nel porcellino – visti i costi – non potrebbero bastare.

Fonte: PCWorld



Pubblicazione del: 19-03-2008
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